mercoledì 20 luglio 2011

LO "SCRITTORE" CHE SCRISSE DI ME (1)



Quando sono nella fase depressiva del mio bipolarismo mi piace tanto rileggere i quattro raccontini che un uomo, pazzo di me (o pazzo con me?) ha scritto qualche anno fa nell'arco della nostra breve storia d'amore.
Non sono più in contatto con lui, ma penso che sarebbe molto felice se vedesse qui i suoi scritti.
E poi mi fa sentire tanto speciale rileggerli, mi fa bene, mi ricorda che posso ancora amare un bipede maschio.
Voglio condividere anche questi con voi.

Ecco il primo.


RITORNO

Sul mare l’aria si era fatta improvvisamente fredda e pesante; le poche navi che transitavano vicino alla città scivolavano sull’acqua come senza lasciare traccia del loro passaggio, silenziose e quasi sottovoce.
Maurizio osservava quella calma apparente alla luce dei fari delle poche auto che s’intravedevano passare lungo la strada alle sue spalle. Il vento gelido lo lambiva mentre percorreva a piccoli passi ondeggianti il tratto di spiaggia, su e giù senza una direzione apparente; la sabbia scricchiolava sotto le sue scarpe ed i sassolini giocavano a nascondino con la sua ombra, proiettata da una luna che pareva osservarlo beffarda, incurante del suo dolore.

“Basta, sono stanca…vado a dormire!”
Irene uscì dal soggiorno sbattendo la porta, come a sottolineare la sua tensione.
Non avrebbe dormito, Maurizio lo sapeva. Già normalmente le riusciva difficile prendere sonno, figurarsi in quello stato di agitazione. Era proprio quella mente inquieta, in perenne lavorìo, che aveva appassionato Maurizio quando l’aveva conosciuta. Certo, Irene era una gran bella donna, naturalmente sensuale, una di quelle creature che sono attraenti per il solo fatto di esistere, ma il suo asso nella manica era proprio quell’intelligenza non comune, una sorta di istinto in parte logico ed in parte animalesco che la portava a voler sempre, ad ogni costo, capire quanto le accadeva intorno. Non era pura curiosità: no, lei “doveva” comprendere ciò che le capitava, per poter stare bene; aveva la necessità di non accettare la realtà come una pura successione di eventi più o meno casuali, ma di afferrarne il senso globale e di portarlo alla luce del sole, ad una chiarezza che talvolta poteva apparire persino spietata.
In quei giorni entrambi erano stati sotto pressione, e lo sapevano. La ricerca della nuova casa, i preparativi e la realizzazione dell’ennesimo trasloco (quanti ne avevano già fatti? Maurizio aveva ormai perso il conto...) avevano messo a dura prova i loro nervi, già irrequieti per natura. Lei aveva reazioni più estroverse, quasi plateali, salvo poi rinchiudersi in un isolamento difensivo, come un istrice che drizza gli aculei; lui, invece, dopo un momento iniziale di rabbia vibrante, cominciava a sentire il senso di panico salirgli su per il collo, dallo stomaco sino alla gola. Pareva avvertire un duplice istinto: quello di cercarla e quello di fuggirla al tempo stesso.
Era una fase pericolosa, e lo sapeva. Quando stava così era come se una voce dentro di lui si impossessasse della sua volontà e ne guidasse le scelte in maniera del tutto estemporanea, avendo come unica bussola l’istinto dell’animale braccato. Era proprio quello il momento di non prendere decisioni, Maurizio se l’era ripetuto molte volte: “Quando sei in questo stato non decidere nulla!”. Eppure non era facile con quella voce dentro che urlava, reclamando che le si desse ascolto, a squarciagola, alla disperazione, formando nella sua mente un’unica terribile parola: “Scappa!”

“Che domani sia il primo domani!”
Questa frase rimbombava nella testa di Maurizio mentre si trascinava da un lato all’altro della spiaggia. L’aveva pronunciata tanti anni prima Irene, quando erano andati a vivere insieme per la prima volta. Poi, di casa in casa, di anno in anno, era stato tutto un susseguirsi di momenti fatti di tanti “domani” l’uno diverso dall’altro, alcuni brutti, altri belli, ma tutti emozionanti ed appaganti allo stesso modo. Nessuno di questi era mai stato banale e scontato; si era avverata la profezia che lei gli aveva fatto al tempo della loro conoscenza: “Con me non ti annoierai mai!”.
Giorni tristi o felici, come in tutte le vite di tutte le coppie, e su tutti questi giorni trascorsi da allora aleggiava, come un sotterraneo filo rosso, il profumo, l’odore della pelle della sua donna, non aspro né pungente ma ugualmente inconfondibile ed unico; Maurizio lo considerava ormai una parte imprescindibile del suo orizzonte mentale. Era quest’odore che ora lui non voleva perdere, era quella risata a metà tra il sarcastico e l’ingenuo, era quel sorriso che si apriva improvviso, come un’alba trovata casualmente uscendo per strada.
Maurizio sapeva che tutto dipendeva da lui, dai suoi pensieri, dalle decisioni che avrebbe preso ora, mentre una voce gli martellava le tempie e gli uncini dell’ansia lo graffiavano dentro. “Scappa!”, dicevano. Lo attiravano, lo blandivano con promesse di un futuro più facile, meno carico di angosce, appiattito su banali e rassicuranti certezze del passato… “Chi te lo fa fare!”, mormoravano. Le lusinghe di una prospettiva più comoda e con meno rischi si affacciavano alla sua mente come il canto delle sirene alle orecchie di un Ulisse che non aveva neppure il vantaggio di essersi immobilizzato facendosi legare all’albero maestro della nave.
Oppure si… oppure quell’albero maestro c’era.
Maurizio sentì all’improvviso un profumo, un odore che pareva giungergli dal mare, o forse dalla sabbia, o forse dalla strada dove poche auto passavano, o forse dalla luna che risplendeva benevola. Non gli importava da dove venisse, o se fossero davvero i suoi sensi ad avvertirlo, piuttosto che non il suo animo.
Decise, si girò e risalì la scalinata a passi più fermi ed ampi, come regolati da un metronomo che aveva ritrovato un proprio ritmo dopo averlo perso per un attimo.
“Devo ricordarmi di comprarle le sigarette, prima di rientrare”, si disse con soddisfazione.






6 commenti:

  1. Bello sto racconto!

    Pur'io sono solito scrivere racconti e dedicarli alle ragazze che conosco.
    Solo che loro non sono molto contente quando ciò accade... :)

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  2. potrebbe aleggiare la vaga impressione che sia dovuto a ciò che gli scrivi??

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  3. forse.
    sarà perchè interpretano sempre due ruoli: o fantasmi o prostitute.

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  4. "Pazzo di me (o pazzo con me)" è un'affermazione stupenda.

    Il racconto è molto bello, doveva essere una persona particolare, dal punto di vista caratteriale, visto che un po' la grafologia, secondo me, esiste anche su internet :)

    (mi scordo sempre che c'è il captcha su questo blog e il mio commento rimane "in sospeso" per ore!)

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  5. si, era molto particolare...

    Ma come per ore??
    Poi, in privato mi dici come si toglie, sai che sono negata...

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  6. sì, perché credendo che non ci sia, leggo il post, commento, clicco su "commenta" e mi allontano, lasciando il pc ad elaborare...e poi torno e c'è ancora il captcha :D

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La Bipocrazia a oltranza permette anche agli anonimi di farfugliare di tutto in questo spazio.
Tanto l'Orsa sa come rispondere a chiunque.